Umanizzazione delle cure: una sfida per AIOP Lazio

Umanizzazione delle cure: una sfida per AIOP Lazio Come Presidente AIOP Lazio ho preso l’impegno per l’intera durata del mio mandato- d’intesa con il Consiglio di Presidenza – di coinvolgere tutte le nostre strutture per far proprio e rendere prioritario il concetto “paziente al centro” garantendo un modello di assistenza sanitaria in cui il paziente è considerato il punto focale e principale beneficiario del sistema sanitario. Fondamentale l’incontro tra i pazienti e coloro che li curano e li assistono. Nell’approccio “paziente al centro”, l’assistenza è progettata e fornita in modo da rispondere alle esigenze, alle preferenze e ai valori del paziente stesso. Ciò implica un coinvolgimento attivo del paziente nel processo decisionale riguardo al suo trattamento, l’accesso a informazioni trasparenti e comprensibili, nonché una maggiore autonomia nell’auto gestione della propria salute. Facciamo pertanto nostro il richiamo all’umanizzazione delle cure inserito nel Patto per la Salute 2014 2016, nel rispetto della centralità della persona nella sua interezza fisica, psicologica e sociale, dove le Regioni si impegnano ad effettuare interventi di umanizzazione in ambito sanitario coinvolgendo aspetti strutturali, organizzativi e relazionali dell’assistenza. Rivolgiamo anche la nostra attenzione al documento del 24 gennaio 2024 “Dignitas Curae – Manifesto per la sanità del futuro”, scritto dal Prof. Massimo Massetti e da Mons. Mauro Cozzoli, già approvato e sottoscritto da Papa Francesco (primo firmatario), dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dal cardi nale segretario di Stato Pietro Parolin e dal Ministro della Salute Orazio Schillaci, centrato sulla “dignitas curae” e sulla ri-umanizzazione della medicina. Vogliamo promuovere un cambio di paradigma nella filiera della salute, costruito interamente sulla persona/paziente, ridando centralità alla dimensione umana come rappresentato il 30 novembre 2024 dal Prof. Massimo Robiony – dell’Università degli Studi di Udine – nella “Carta di Udine per l’Umanizzazione delle Cure e il Benessere Organizzativo”, un documento scientifico di indirizzo che enfatizza il ruolo del SSN, pilastro sociale imprescindibile. AIOP Lazio, nel corso della recente Tavola Rotonda dal titolo: “La Sanità del futuro: sempre più dalla parte dei cittadini” ha coinvolto diversi attori a confrontarsi su uno scenario che impone di ripensare il modello di cura per assicurare universalità e qualità delle prestazioni sanitarie in un contesto di moder nità che cambia velocemente. Dall’importanza sul benessere organizzativo in ambienti di lavoro dove le competenze possano esprimersi al massimo in un clima di collaborazione e di fiducia reciproca – si è sempre più orientati al necessario rafforzamento della medicina territoriale e alla digitalizzazione dei servizi senza perdere di vista l’importanza della dimensione umana della medicina. Negli anni si è passati da una frammentarietà dei percorsi di cura ad una presa in carico globale della persona integrando aspetti etici, umani e scientifici. Ad una necessaria revisione sostanziale dei modelli organizzativi Agenas – organo tecnico-scientifico del SSN – assicura la propria collaborazione tecnico-operativa in tema di efficacia degli interventi sanitari nonché di qualità, sicurezza e umanizzazione delle cure. Per AIOP Lazio i progetti di umanizzazione – volti ad indagare le problematiche relative alla presa in carico e all’assistenza del malato e della sua famiglia, conun focus dedicato alle fasce più deboli della popolazione – dovranno essere argomento centrale su cui concentrare un particolare impegno per i prossimianni, una priorità che le strutture nostre associate hanno già iniziato a fare propria, da portare avanti a supporto dell’amministrazione regionale governata dal Presidente Rocca. È un sistema complesso che richiede volontà ed abilità da parte di coloro che per ruolo istituzionale devono garantire risultati efficaci ed equamente distribuiti per i pazienti ed i cittadini. Relazione, centralità, consapevolezza, rispetto e libertà di scelta sono le parole chiave di questa che è per noi la sfida più bella sulla quale concentrare il nostro impegno.
Un nuovo paradigma per umanizzare il percorso di cura

Un nuovo paradigma per umanizzare il percorso di cura Un anno intenso, ma la nostra missione non si ferma! Anche in chiusura d’anno, la Fondazione continua a lavorare per un cambiamento concreto nella Sanità. Sul Sole 24 Ore, il nostro Presidente Massimo Massetti approfondisce due punti cruciali della nuova Legge di Bilancio, appena approvata. Un passo avanti fondamentale e concreto verso il vero cambio di paradigma: Umanizzare i percorsi di cura Mettere il Paziente sempre al centro del sistema sanitario Questo è ciò per cui ci impegniamo ogni giorno: una Sanità più accessibile, più dignitosa, più umana. Leggi l’articolo completo del Sole24Ore
Intervento da record su un bambino di 7 anni dall’equipe Gemelli-Bambino Gesù,: aveva sviluppato una vasculopatia da rigetto

Intervento da record su un bambino di 7 anni dall’equipe Gemelli-Bambino Gesù,: aveva sviluppato una vasculopatia da rigetto Marco è stato quindi sottoposto a una complessa procedura di rivascolarizzazione da un team multidisciplinare coordinato da Carlo Trani. Gemelli e Bambino Gesù insieme per salvare un piccolo dal cuore malato. Eccezionale intervento di disostruzione coronarica effettuato dagli esperti del Centro Cuore del Gemelli su un bambino di sette anni trapiantato di cuore pochi mesi prima al Bambino Gesù di Roma. Il piccolo Marco (nome di fantasia) dopo l’operazione aveva sviluppato una problematica tipica dell’età adulta: un’ostruzione delle arterie coronarie del cuore causata da una vasculopatia da rigetto. Un evento raro ma molto grave poiché in grado di mettere a rischio la funzionalità del cuore trapiantato. Vista l’anatomia particolarmente complessa della lesione coronarica, i cardiochirurghi del Bambino Gesù, diretti da Antonio Amodeo, docente presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e l’equipe del Centro Cuore del Gemelli guidato da Massimo Massetti, ordinario di Cardiochirurgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, hanno deciso di tentare una disostruzione mediante angioplastica dell’arteria discendente anteriore prossimale che appariva completamente occlusa. Il piccolo venne quindi trasferito dall’ospedale pediatrico alla Terapia Intensiva Pediatrica (Tip) del Gemelli diretta da Giorgio Conti, docente di Anestesia e Rianimazione all’Università Cattolica. LE CURE Marco è stato quindi sottoposto a una complessa procedura di rivascolarizzazione da un team multidisciplinare coordinato da Carlo Trani, direttore della Uoc Interventistica Cardiologica del Gemelli e Associato di Cardiologia all’Università Cattolica e da Francesco Burzotta, ordinario di Cardiologia all’Università Cattolica e direttore della Uoc di Cardiologia del Gemelli coadiuvati dal da Matteo Di Nardo, anestesista pediatrico del Bambino Gesù e dal cardio anestesista del Gemelli Andrea Scapigliati, docente dell’Università Cattolica. Dopo l’intervento il bimbo è stato nuovamente affidato alle cure dei medici del Bambino Gesù. «Il bambino era affetto da una miocardiopatia dilatativa per la quale è stato necessario impiantare un cuore artificiale che il piccolo ha tenuto per oltre un anno, come ponte al trapianto, che siamo riusciti ad effettuare con successo – dice Antonio Amodeo – Purtroppo tra le complicanze del trapianto c’è la vasculopatia da rigetto cronico che, in questo caso, ha determinato l’ostruzione di un vaso del cuore, una patologia tipica dell’età adulta. Per questo abbiamo ritenuto necessario intervenire in collaborazione con i colleghi del Gemelli per affrontare il problema coronarico, che è stato risolto in maniera eccellente». Un caso che secondo Carlo Trani dimostra l’importanza della collaborazione multidisciplinare in situazioni anomale e di alta complessità. «Aver affinato la nostra tecnica di disostruzione coronarica in questi anni negli adulti – spiega Francesco Burzotta – si è rivelato utile per un bambino con una storia così travagliata. Interventi di angioplastica di questo genere, di solito, vengono effettuati in centri che hanno un’esperienza specifica, al fine di limitare le complicanze e aumentare il tasso di successo. Siamo impegnati da anni in questo campo ma è la prima volta che abbiamo offerto questa terapia ad un paziente così giovane». CENTRO CUORE Questo caso per Massimo Massetti è paradigmatico della filosofia del Gemelli del prendersi cura del paziente, più che di limitarsi a curarlo. «Un approccio che pervaderà tutte le attività del Centro Cuore, il polo dedicato alle patologie cardiovascolari che sta sorgendo all’interno del campus del Gemelli – ha detto Massetti – Quello del Centro Cuore sarà un modello “centripeto”, in opposizione alla frammentazione delle cure tipica delle iperspecializzazioni che rischia di perdere di vista la centralità del paziente per concentrarsi sulla singola patologia. Un modello sanitario innovativo che mette al centro la persona».
Massimo Punteggio PERLA alla Cardio Chirurgia del Gemelli per la Centralità del Paziente nel percorso di cura.

Massimo Punteggio PERLA alla Cardio Chirurgia del Gemelli per la Centralità del Paziente nel percorso di cura. Un altro traguardo d’eccellenza per la Cardiochirurgia del Policlinico Gemelli sul tema della Centralita’ del Paziente nel percorso di Cura. Il reparto di Cardiochirurgia dell’IRCCS Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli, diretto dal Prof. Massimo Massetti, ha recentemente ottenuto la prestigiosa certificazione PERLA con il massimo punteggio di 3/3. Questo riconoscimento, frutto di un’analisi dettagliata condotta da DNM ed Edra S.p.A., celebra l’eccellenza delle cure fornite e l’attenzione dedicata alla persona, valutata attraverso il Decalogo PERLA. Accoglienza, ascolto, personalizzazione delle cure e qualità della vita sono tra le aree chiave in cui il reparto ha raggiunto punteggi straordinari, confermando un approccio orientato alla centralità del paziente, in pieno accordo con l’ormai famoso “Manifesto Dignitas Curae”. Scopri di più sui dettagli del percorso di certificazione e sulle valutazioni straordinarie raggiunte dal reparto.
La Carta di Udine e l’umanizzazione delle cure

La Carta di Udine e l’umanizzazione delle cure Udine ha ospitato il convegno sulla umanizzazione delle cure e il benessere organizzato dal presidente degli Stati Generali, il professor Massimo Robiony, al quale ha partecipato il professor Massimo Massetti. L’iniziativa è stata insignita dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, della Medaglia del Presidente della Repubblica. È stata un’occasione chiara, questa che si è tenuta a fine novembre nell’Aula Strassoldo alla quale ha inviato un messaggio di adesione il ministro Orazio Schillaci per tracciare una rotta chiara e condivisa verso una Sanità più vicina ai cittadini. La Sanità italiana da sempre esempio di eccellenza e solidarietà si trova oggi di fronte a una trasformazione profonda determinata sia dall’evoluzione dei bisogni dei cittadini e dai rapidi mutamenti tecnologici, economici e culturali. Questo scenario ci impone di ripensare il modello di cura per assicurare universalità e gratuità delle prestazioni sanitarie in un contesto che cambia rapidamente. Il Manifesto «Dignitas Curae» ci offre una visione illuminata, concreta, per una Sanità a misura d’uomo, una Sanità che guarda la persona oltre che la malattia. Questo documento ci invita a superare la frammentarietà attuale dei percorsi di cura, promuove un approccio integrato nel quale ogni paziente venga accompagnato nel proprio percorso diagnostico e terapeutico con attenzione e rispetto per la sua unicità. Un esempio pratico di questa prospettiva è rappresentato dalla Carta di Udine per la umanizzazione delle cure e il benessere organizzativo che punta a rafforzare il significato di presa in carico globale della persona integrando aspetti etici, umani e scientifici con l’innovazione tecnologica ed organizzativa. Siamo impegnati a risolvere criticità che con il tempo si sono acuite. Una popolazione sempre più anziana e spesso sola, la necessità crescente di risorse per stare al passo con le evoluzioni tecnologiche e scientifiche e una struttura organizzativa che non sempre risponde con efficacia ai bisogni dei cittadini.La soluzione non può limitarsi a tamponare i sintomi di questi problemi: deve mirare a una revisione sostanziale dei modelli organizzativi e all’ottimizzazione dell’uso delle risorse. La risposta passa attraverso una Sanità capace di adattarsi ai nuovi scenari demiologici e demografici. Questo significa superare il modello centrato sull’ospedale, rafforzare la medicina territoriale e promuovere una piena integrazione socio-sanitaria. Allo stesso tempo la digitalizzazione dei servizi offre opportunità straordinarie per migliorare la continuità e la qualità delle cure. Tuttavia, non dobbiamo perdere di vista l’importanza della dimensione umana della medicina. La tecnologia deve essere un mezzo per avvicina, non per allontanare, deve aiutarci a costruire un sistema sanitario che consideri il paziente nella sua totalità, non solo come portatore di una patologia ma come una persona con una storia, emozioni e bisogni complessi. Non meno importante è il lavoro sul benessere organizzativo che riconosce quanto sia cruciale il ruolo di tutti i professionisti della Salute nel garantire la qualità dei servizi. L’umanizzazione delle cure si realizza anche mediante ambienti di lavoro deve le competenze possono esprimersi al massimo in un clima di collaborazione e fiducia reciproca. L’obiettivo è chiaro: mettere la persona al centro del Servizio Sanitario, garantire cure che siano rispettose della dignità dei bisogni individuali. È una sfida importante ma indispensabile. La Carta di Udine è articolata in tre ambiti: l’umanizzazione delle cure in chiave moderna (in 13 punti: umanizzazione delle cure come modello di civiltà; presa in cura della persona nella sua interezza; accogliere storia e narrazione del paziente; promozione della salute e della prevenzione; cooperazione con gli enti del terzo settore; tecnologia al servizio della persona; garantire il benessere organizzativo; favorire l’integrazione tra ospedale e territorio per la continuità del percorso di cura; garantire l’evoluzione del servizio sanitario nazionale; garantire la sicurezza, la sostenibilità e la resilienza); la qualità della cura intesa come assistenza centrata sul paziente, cioè efficace, sicura, accessibile, tempestiva, equa, efficiente; un modello di cura con ricadute pratiche sulle persone attraverso quattro aree: ricerca, formazione, clinico-assistenziale e organizzativo-gestionale, valutazione dei risultati. «Il nostro obiettivo – ha spiegato il presidente degli Stati generali, Massimo Robiony, componente del Tavolo tecnico ministeriale per l’umanizzazione delle cure e il benessere organizzativo del Ministero della salute – è progettare la sanità del futuro fondandola sulla centralità della persona per rispondere in maniera efficace, efficiente e appropriata alle esigenze dei pazienti e dei professionisti della salute».
Perché è necessario cambiare il modo di curare e l’erogazione delle prestazioni

Perché è necessario cambiare il modo di curare e l’erogazione delle prestazioni La prima condivisibile preoccupazione di un Paese che invecchia è la Sanità e in questa prospettiva le condizioni del Servizio sanitario pubblico tra reparti di pronto soccorso congestionati e lunghe liste d’attesa non sono rassicuranti. Meno condivisibilmente le forze politiche si dividono sulle risorse da destinare per fronteggiare la situazione per almeno per due motivi: il primo è che si tratta di una esigenza generalizzata rispetto alla quale tutte le forze politiche dovrebbero collaborare anche per eliminare gli errori del passato. Se infatti c’è un argomento bipartisan per eccellenza, quello prioritario e indifferibile è senza ombra di dubbio la tutela della salute, soprattutto al cospetto di un Servizio sanitario che è il primo malato, e perché, ovviamente, la salute è ricchezza non solo della persona ma anche del Paese, come recita la Costituzione all’articolo 32. Il secondo motivo è che non è solo una questione di risorse: infatti Francia, Germania e Spagna, tanto per fare degli esempi, vivono le stesse criticità pur contando su risorse finanziarie maggiori. Il caso della Germania è emblematico e deve farci riflettere: ha speso per la salute dei propri cittadini oltre 400 miliardi nel 2022 a fronte dei nostri 131, con una spesa pro capite di quasi il doppio rispetto all’Italia (6.400 euro verso 3.050). Quindi, non basta aumentare il finanziamento pubblico perché se ora mancano i medici per soddisfare la richiesta di servizi sanitari in crescita esponenziale (una delle cause), nemmeno l’aumento del personale risolverà il problema se non si interviene sui motivi di questa aumentata richiesta di prestazioni, molte delle quali ancora oggi inappropriate per il malato e inutilmente costose per lo Stato. È fondamentale dunque, oltre che urgente, individuare la causa che ha messo in ginocchio il nostro modello sanitario e in questo senso è difficile negare che quella principale sia l’organizzazione che eroga i servizi. In altre parole, non è tanto con quante risorse si cura, ma piuttosto come si affrontano i problemi di salute dei cittadini e come si organizza la cura nel territorio e negli ospedali. A oltre quaranta anni dalla istituzione, il Servizio sanitario nazionale è entrato in crisi proprio perché il modello sul quale era stato concepito e che ha funzionato correttamente per decenni, è diventato inefficiente nel rispondere agli attuali bisogni di cura che, spinti da uno scenario di invecchiamento progressivo della popolazione e dai forti incrementi dei costi della ricerca scientifica, richiedono una profonda riforma e un rapido adeguamento. In particolare, incentivata dal progresso scientifico e da una tecnologia in rapida evoluzione, la medicina moderna è diventata sempre più specialistica e ha indirizzato l’interesse sulla malattia e sui sintomi piuttosto che sul malato e sul problema generale di salute; la cura è diventata frammentata e spesso in discontinuità all’interno dell’ospedale e tra l’ospedale e il territorio. In questo contesto, la persona malata si sposta da una prestazione all’altra con specialisti e spesso luoghi diversi diventando spettatrice disorientata e impotente della propria malattia piuttosto che un alleata di chi la cura. Non è un caso che è sempre più frequente il richiamo alla disumanizzazione della cura o, in positivo, alla necessità di umanizzarla ma anche gli operatori sanitari più bendisposti, più “umani” (e ce ne sono tantissimi) trovano l’ostacolo principale al proprio lavoro in una organizzazione inadeguata e insufficiente. Ultimo aspetto, ma non meno importante nello scenario di questa crisi, è la perdita di sostenibilità economica di un modello organizzativo che genera sprechi e ritardi nell’erogazione dei servizi. Dunque, cambiare il modo di curare e l’erogazione delle prestazioni è la priorità e l’urgenza per il nostro Servizio sanitario, e un tale cambiamento non può essere una semplice evoluzione, ma deve essere una autentica rivoluzione. In particolare, è necessaria una transizione dal modello attuale, centrato sulle singole prestazioni, a quello focalizzato sul malato e sul relativo problema di salute ma perché ciò accada occorre, in primis, un cambio di mentalità a partire dai percorsi formativi nelle facoltà di Medicina, un adeguamento degli strumenti gestionali negli ospedali e sul territorio e un assetto normativo univoco per evitare una frammentazione tra le diverse realtà regionali. Una recente esperienza sulla possibilità di adottare nuovi modelli organizzativi in tempi brevi è stata la pandemia Covid nella quale, per ragioni infettive, l’organizzazione degli ospedali ha collocato il malato (e non le singole prestazioni) al centro delle cure. Leggi l’articolo completo
Un Salotto a Villa San Giovanni: Prevenzione cardiologica nelle varie età

Un Salotto a Villa San Giovanni: Prevenzione cardiologica nelle varie età Un pomeriggio coinvolgente, un incontro ricco di sentimento, di passione, di attenzione. È quello che si è svolto a Villa San Giovanni a inizio luglio nel quartiere Immacolata. In Piazzetta Sant’Arte e via Solferino con il professor Massimo Massetti e il team della «Domenica del Cuore» magnificamente organizzato da Gianni Calabrese. Il quartiere Immacolata è un quartiere popolare caratterizzato da case a due piani, percorso da vicoli pedonali e da un fortissimo senso di comunità, negli anni ha subìto un lento e continuo degrado, con diffuse forme di abusivismo e un crescente spopolamento. «Prevenzione cardiologica nelle varie età» è stato il tema del pomeriggio presentato da Laura Pizzimenti con il professor Massetti nelle vesti non solo di medico ma anche di coordinatore dell’evento con il suo staff. Un pubblico attento, propositivo con domande appropriate sul cuore, ha fatto capire una volta di più la bontà di queste iniziative. Ad ogni domanda un cardiologo o un geriatra ha dedicato la risposta. Si è parlato di ogni aspetto, dalle aritmie al colesterolo, dalla prevenzione a molte altre problematiche, igiene dentale inclusa che, come ha spiegato il professor Massetti, ha una grande importanza nelle malattie cardiologiche. Toccante l’intervento di un signore di Villa San Giovanni che, emozionato nel suo intervento, ha raccontato come lo staff delle «Domeniche del Cuore» lo ha salvato individuando, durante la visita dello scorso anno, una problematica cardiaca per la quale è stato operato a Reggio Calabria. Il suo non è l’unico caso di un intervento prezioso per salvare la vita individuando malesseri spesso ignorati. Il quartiere Immacolata si è animato con tanti interventi e tanta attenzione ammirando anche i quadri appesi ai muri che delimitano Piazza Sant’Arte nell’ambito del laboratorio permanente “ELAB1” (rigenerazione urbana e umana del quartiere Immacolata), a cura dell’Associazione Cenidia.
Il medico nell’era dell’Intelligenza Artificiale

Il medico nell’era dell’Intelligenza Artificiale La Sala dei Lampadari “Italo Falcomatà” di Palazzo San Giorgio a Reggio Calabria ha ospitato un interessante convegno-tavola rotonda per parlare del ruolo e del rapporto del medico nell’era dell’intelligenza artificiale al quale ha preso parte la Fondazione Dignitas Curae con il suo presidente, il professor Massimo Massetti, nel ruolo di moderatore. Tema attuale, entrato nella quotidianità di tutti e, come ha spiegato la senatrice Tilde Minasi relatrice di un progetto di legge sul tema, con un rapporto importante tra opportunità e rischi. Numerosi i temi trattanti nel pomeriggio a Reggio Calabria. Il dottor Giovanni Bisignani, Direttore UOC Cardiologia UTIC a Cosenza, ha parlato di sanità digitale con un progetto che ora è attuato mettendo in evidenza una problematica: «Il pericolo della sanità digitale è quello che molti non hanno le linee per accedervi». Dal professor Massimo Robiony, Direttore della Clinica di Chirurgia Maxillo Facciale dell’Ospedale Accademico Sanità Maria della Misericordia di Udine, un intervento sull’umanizzazione della Sanità. «Da un lato c’è il malato – ha osservato il professor Robiony – e dall’altro l’assetto organizzativo. Con l’IA si pensa di risolvere tutti i problemi, ma questo non è possibile. Dobbiamo riappropriarci della salute favorendo gli sviluppi etici». Difatti, il professor Massetti ha chiarito che quella dell’IA «è una grande ma rischiosa opportunità». «Dobbiamo essere in grado di governare il sistema», la risposta del professor Robiony. A dare il suo importante contributo etico è stato Don Mauro Cozzoli, professore emerito di Teologia Morale presso la Pontifica Università Lateranense. Don Mauro Cozzoli nel suo intervento a largo raggio ha affermato che l’IA «abbraccia tantissimi campi del vivere umano. Gli input li diamo noi e con i tanti dati a disposizione e con grande velocità soffriamo di un complesso di inferiorità e deleghiamo la nostra umanità a queste macchine (i computer, ndr) alle quali si può chiedere davvero tutto, diagnosi comprese». Tanti i temi sviscerati da Don Mauro, compreso quello dell’errore. «Anche l’IA sbaglia, e quando lo ha fa, chi risponde? Lo fa chi ha inserito i dati, gli algoritmi. Ci sono grandi problemi a livello etico ma anche giuridico. Ma ricordiamo che i mezzi sono sempre nelle mani dell’uomo. L’etica? Siamo noi che gliela diamo». Alla tavola rotonda hanno preso parte, e risposto a diversi quesiti del pubblico presente, anche l’ingegner Antonio Capristo, Direttore Ingegneria Clinica e resonsabile delle Transizione al Digitale dell’ASP Cosenza e il dottor Pasquale Fratto, Direttore SOC Cardiochirurgia, Centro Cuore, AO GOM di Reggio Calabria.
Messaggio di Mons. Francesco Savino ai Maturandi

Messaggio di Mons. Francesco Savino ai Maturandi “Maturità t’avessi preso prima…” Un intramontabile classico della canzone italiana che ha accompagnato intere generazioni di studenti – la notte prima degli esami –annuncia il compimento di un altro ciclo, la chiusura di un altro cerchio e l’inizio di un nuovo capitolo della vita. Anche voi, giovani maturandi e maturande, in questi giorni densi di emozioni e di sfide arrivate al traguardo degli esami di maturità ed io sento il bisogno di scrivervi con il cuore pieno di speranza e di incoraggiamento. Siete alla vigilia di un grande traguardo, forse il primo così importante della vostra vita: uno di quei momenti che segneranno il vostro cammino perché apriranno le porte a molte diverse possibilità. Lasciatemi dire che si è avverato quel “ce la faremo” che, forse, anche voi avete scritto su un social o su un balcone, durante la pandemia da Covid-19, quella che vi ha rubato la tenerezza degli anni più belli, vi ha sottratto agli sguardi, vi ha impedito le carezze. Proprio a voi è toccato di vivere un tempo non sospeso ma parallelo, in cui avete però imparato l’importanza delle piccole cose, avete apprezzato l’odore del pane fatto in casa e saggiato la noia della cultura da dietro uno schermo. Avete superato anche questa prova ed ora vi attende un’altra, ma sappiate che tutto è una opportunità di crescita. Sono sentimenti di chi, un tempo, ha affrontato la stessa vostra sfida e che ora vi osserva con occhio quasi desideroso di essere al vostro posto, lì in fondo alla fila, vicino alla finestra, proprio dove è possibile scrutare i sogni destinati ad immischiarsi alle nuvole o semplicemente perdersi tra i pensieri durante lo svolgimento di un teorema matematico. Vorrei stringervi uno per uno e ringraziarvi per quello che siete e per la fiducia che avete riposto in questo mondo un po’ bizzarro che vi abbiamo consegnato. Non temete le difficoltà di questo esame perché sono come l’argilla: servono a plasmare le vostre identità, a definirne i contorni di senso. Sappiate però una cosa: abbiamo urgente bisogno di voi e delle vostre belle aspirazioni. Ricordatevi che il sapere non è qualcosa di fine a se stesso ma un mezzo per rendere le società più giuste, più umane e più fraterne. Le vostre spinte, che hanno animato spesso le manifestazioni a favore degli ultimi e degli indifesi, mi hanno fatto credere che siete già sulla buona strada. Non scoraggiatevi, dunque, fronte alle incertezze del domani ma, come direbbe Ligabue, “urlate contro il cielo” e siate affamati di verità e mai sazi di giustizia. Abbiamo bisogno di poeti, di sognatori, di artigiani, di cantanti, di attori, di medici, scrittori ed ingegneri e di tutte quelle anime che con il loro lavoro, con le loro mani e con il loro cuore, rendono grazie alla vita e la arricchiscono in dignità e coraggio. Ricordate che non è un voto di maturità a definire il vostro valore per quanto la società ci faccia credere, spesso, che dietro un giudizio risieda l’ultima parola su di noi. Affidate l’ultima parola su voi stessi solo all’amore ed alla passione con cui deciderete di vivere il vostro tempo. Solo una vita senza amore è davvero sprecata e voi avete il compito, invece, di essere quelli che Elena Granata chiama “PLACE MAKER”: “un musicista che suona senza spartito, un rapper che sovrascrive parole su parole, suoni su musiche di altri, un architetto che reinventa i luoghi partendo dall’esistente”. Questo vi auguro, di avvertire quella tensione continua e brulicante che vi faccia ricucire le periferie, ripristinare l’ecosistema e progettare soluzioni per cui riusciate a reinventare spazi perfino nei luoghi abbandonati, e dell’anima e del mondo. Abbiate sogni forti e abbastanza cassetti per contenerli, vi accompagni la speranza, quella che cammina sulle vostre gambe ed è in grado di sorreggere enormi pesi. Possa il vostro cuore, con la maturità dell’anima raggiunta, indicarvi la strada della vostra vocazione. Non cedete alle cose semplici ma non abbiate paura di quelle difficili perché la vocazione che è in ognuno di voi è come un uovo alla schiusa: contiene la vita nella sua forma più fragile. In ultimo, vorrei affidarvi un compito: lasciate il mondo un po’ migliore di come lo avete trovato e, se possibile, perdonateci per tutte quelle volte che vi abbiamo dato in eredità una cattiva testimonianza. “Fate ciò che la primavera fa’ ai ciliegi”: fiorite e rifiorite aspettando la vostra migliore stagione. Io sarò sempre al vostro fianco. “Buona matura età”. Cassano all’Jonio, 19/06/2024
«DIGNITAS CURAE», UN WEEK END A MONTE SAN GIUSTO: VISITATI 81 PAZIENTI e PRESENTATO IL «MANIFESTO»

«DIGNITAS CURAE», UN WEEK END A MONTE SAN GIUSTO: VISITATI 81 PAZIENTI e PRESENTATO IL «MANIFESTO» Un fine settimana con il cuore. A Monte San Giusto, la città del sorriso, ospite del Comune nella sede della Croce Verde, la Fondazione Dignitas Curae ha realizzato la Domenica del Cuore. Ottantunuo sono state le persone visitate nella giornata di sabato 4 maggio (di cui sedici bambini) dai cardiologi arrivati prevalentemente dal Policlinico Universitario Fondazione Agostino Gemelli Irccs di Roma. Il professor Massimo Massetti, direttore di Cardiochirurgia del Policlinico Agostino Gemelli di Roma, al termine della giornata di visite, ha spiegato che «sono state riscontrate tra il 15 e il 20 per cento di malattie significative del cuore che necessitano di ulteriori approfondimenti e interventi terapeutici». L’obiettivo di questa iniziativa, in atto da diversi anni, è quello, come ha ribadito il professor Massetti, di «portare l’ospedale in strada» per aiutare, curare e soprattutto fare prevenzione, con le persone bisognose, coloro che vivono ai margini anche dell’assistenza sanitaria. La due giorni nella Marche è stata intensa sia sotto il profilo della prevenzione ma anche sotto quello della divulgazione del “Manifesto Dignitas Curae” che ha il presupposto di varare una nuova visione della Sanità nel nostro Paese e che ha tra i primi firmatari Papa Francesco e il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il professor Massimo Massetti, al quale lo scorso anno è stata conferita la cittadinanza onoraria di Monte San Giusto dove ha vissuto negli anni adolescenziali, insieme a don Mauro Cozzoli, hanno spiegato nel dettaglio il significato del Manifesto chiarendo cosa sia il rispetto del malato e la sua dignità, malato che deve essere inteso come persona e al centro del percorso sanitario per intraprendere il suo percorso di cure. L’evento, promosso dal Sindaco di Monte San Giusto, Andrea Gentili, ha diverse finalità. In primis, far conoscere il Manifesto che ha tra le sue finalità quella di opporsi al dilagare della Medicina prestazionale, ma anche sensibilizzare tutti sui temi della Sanità. La finalità della Fondazione è quella di cambiare il paradigma di cura in una sanità in crisi. Un progetto ambizioso lanciato dal professor Massetti, quale strada inevitabile verso il futuro. Il dibattito, una sorta di tavola rotonda con i cittadini, si è svolto nella serata di sabato nel teatro di Monte San Giusto al termine della «Domenica del Cuore». Coordinata dal professor Massetti e con la presenza di tutti i medici che hanno preso parte alla trasferta. La tavola rotonda ha visto porre numerose domande sul tema “cuore”: dalle questioni legate all’attività fisica alla dieta, dagli sport da praticare e in che modo, dai segnali che arrivano dal cuore all’ansia. Tutte domande alle quali sono state fornite risposte e spiegazioni puntuali. https://www.fondazionedignitascurae.org/wp-content/uploads/2024/05/VID-20240506-WA0001.mp4